‘O Panaro, invenzione made in Napoli e il suo detto.
Chiunque sia passato per le stradine strette del centro storico di Napoli e abbia alzato, poco appena gli occhi al cielo, non ha potuto far a meno di notare un piccolo cestino, attaccato ad una corda e appeso ad una finestra un balcone, il cosiddetto panaro.
Quella del panaro è una particolare ed imprevedibile usanza, frutto d’una tradizione totalmente Made in Napoli, tramandata di generazione in generazione, sacra per gli abitanti del Sud, fino in Sicilia, ma sconosciuta e incomprensibile al resto d’Italia.
Ma cosa è il panaro e qual è il suo uso?
Il panaro è un cestino intrecciato in vimini di forma emisferica o cilindrica munito di un manico centrale ricurvo. Il termine deriva dal latino panarum che stava ad indicare un cesto nel quale riporre il pane. E’ proprio da questa parola che nasce il sostantivo italiano paniere. Dal pane, il suo contenitore in lingua napoletana diventa “panaro”
Il paniere, inoltre, è stato spesso utilizzato anche come contenitore per la racconta della frutta e della verdura poiché, grazie al suo robusto manico, era facile da appendere ai rami degli alberi.
Sebbene in campagna conservi ancora la sua funzione primitiva, in città assolve a compiti di trasporto molto più complessi e creativi.
Utilizzarlo è molto semplice, basta legare al suo manico una resistente cordicella e, all’occorrenza, abbassarlo a mo’ d’ascensore tenendo ben salda il resto della funicella con le mani e facendo attenzione alle teste dei passanti e a non farlo impigliare nei fili dei panni stesi degli inquilini ai piani inferiori.
La sua finalità, come è facilmente intuibile, è il trasporto, dall’alto verso il basso e viceversa, di qualsiasi oggetto, evitando così all’abitante utilizzatore di discendere da casa in strada.
Poco importa se viene utilizzato dal primo o dall’ultimo piano, per trasportare le chiavi di casa dimenticate o la spesa acquistata dall’ambulante di turno, il panaro rappresenta una tradizione radicata nel popolo partenopeo che non può non strappare un sorriso.
E il detto? Perdere Filippo e ‘o panaro?
Ma, anche a chiunque abbia l’occasione di vivere a contatto con Napoli sarà capitato almeno una volta di sentire che qualcuno aveva perso “Filippo e o’ panaro”: abbiamo già anticipato il significato estremamente saggio di questo modo di dire, che ci ricorda che nella vita, a volte, indugiare potrebbe portarci al fallimento.
Ma Filippo chi è? Un personaggio teatrale
Ma se il panaro è oggetto semplice da definire, per Filippo la questione è più complessa: da dove viene questo curioso personaggio? Secondo gli esperti di teatro, deriverebbe dalle antiche farse pulcinellesche di metà Ottocento. In particolare, sarebbe il protagonista di una storia portata in scena da Antonio Petito, uno degli attori più celebri dell’epoca soprattutto per essere stato a lungo il volto di Pulcinella.
E in effetti, Filippo ha molto in comune con il più famoso personaggio della tradizione partenopea: furbo e scaltro, sempre pronto ad imbrogliare il proprio padrone. Ed è proprio da un imbroglio che nasce questo modo di dire: una volta a Filippo viene affidata dal suo padrone Pancrazio una cesta piena di cibo con l’incarico di portarla fino a casa. Ma durante il tragitto il furbastro divora a una a una tutte le squisitezze del cesto: per paura della reazione di rabbia del padrone, Filippo decide di non tornare più a casa. Il padrone perde, così, “Filippo c’o panaro”.
di Antonello Oriente